Ventotto missionari martiri

Ventotto missionari martiri

VEGLIA MISSIONARIA A SEDRIANO

mercoledì 29 marzo 2017

Ventotto fra sacerdoti e suore, catechisti e volontari cristiani hanno perso la vita nel 2016, mentre lavoravano nelle loro missioni sparse in tutto il mondo. Dallo Yemen alla Siria, dal Congo agli Stati Uniti. Il loro sacrificio è stato ricordato mercoledì 29 marzo nella veglia “Martiri missionari” a cui hanno partecipato gruppi provenienti da tutto il decanato di Magenta. La veglia si è svolta nella chiesa di San Remigio a Sedriano e si è aperta con la testimonianza di tre missionari molto conosciuti nel Magentino e nel Legnanese – Suor Dalmazia e don Antonio Colombo e Monsignor Elio Greselin – che, negli anni passati, hanno conosciuto di persona alcuni martiri.

il cuore coi nomi del Martiri missionari 2016
il cuore coi nomi dei Martiri missionari 2016

Alcuni casi, come quello di Suor Leonella Sgorbati o di Graziella Fumagalli, furono seguiti all’epoca dalla stampa internazionale.

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Prendendo la parola, Suor Dalmazia Colombo – missionaria della Consolata conosciuta per la sua rete di adozioni a distanza e recentemente nominata Cavaliere dell’Ordine della Stella d’Italia – ha raccontato: “Ho conosciuto padre Guerrino Prandelli, missionario della Consolata in Mozambico ucciso da una mina mentre trasportava un carico di alimenti al lebbrosario di Nova Speranza di Majuni.  “ Ho riportato ai suoi genitori le sue poche cose, qualche effetto personale. Ricordo le lacrime, ma anche una luce negli occhi che non si può spiegare.

Suor Dalmazia Colombo
Suor Dalmazia Colombo

E poi Graziella Fumagalli di Casatenovo, come me. Lei era una persona critica, anche sulla chiesa, ma di fede. Faceva l’operaia, poi aveva studiato medicina per poter andare in missione. Mi telefonò dicendo che sarebbe andata in Somalia e poi in Mozambico e ne fui felice. Pochi giorni dopo vedo la sua foto su Famiglia Cristiana: l’avevano uccisa.

E ricordo il sacrificio di Cipriano, un catechista mozambicano. I guerriglieri stavano cercando il segretario del partito comunista locale e gli hanno chiesto di indicarlo: era seduto di fianco a lui, ma il catechista si è rifiutato. Loro gli hanno detto “Allora uccidiamo te” e lui ha risposto “Va bene, lasciatemi pregare un momento, poi è stato falciato, così come i 23 martiri catechisti di Guia – Inhambane, uccisi con le loro famiglie.

Ne ho conosciuti altri: Padre Antonio Rocha, dei missionari della Buona Novella, vittima di un attacco a pochi chilometri dall’arrivo alla sua prima destinazione missionaria Chiure – Pemba.  Era tanto tempo che i cristiani di quella zona l’aspettavano: vi giunse senza vita. Aveva 29 anni. Accanto a lui un anziano confratello incolume: misteri di Dio.

Padre Estevão Mirassi di Mitucue, il secondo sacerdote diocesano della Diocesi di Lichinga. Arrestato perché era troppo brillante, era figlio della sua terra,  non andava bene per chi ci accusa di essere “oppio dei popoli”, ma il cristianesimo non è oppio per nessuno, dice che sei un uomo libero, anche davanti al martirio. Stavano andando sotto scorta da Cuamba  a Lichinga, di notte. Arrivati vicino al confine con il Malawi, l’autista, padre Francisco Lerma, dopo 150 km di   forzata e sofferta guida, per favorire la fuga del sacerdote, si disse stanco, fermò la vettura. Padre Estevão avrebbe potuto approfittarne per tentare di fuggire, ma non lo fece: sentiva di avere la coscienza tranquilla. Ma di questo non tennero conto coloro che lo condussero in prigione e dopo alcuni giorni lo fecero “sparire nel nulla”.  Aveva  31 anni.

Suor Dalmazia Colombo, padre Martino mozambicano che lavora a Bareggio e suor Carla
Suor Dalmazia Colombo, padre Martino mozambicano che lavora a Bareggio e suor Carla

Suor Leonella Sgorbati missionaria della Consolata, in Kenya,  era l’unica suora del nostro istituto ad avere le qualità per fondare una scuola d’infermieri   in Somalia., Gli alunni aumentavano, le donne non avevano paura di andare a studiare. Sapeva del pericolo, diceva scherzando a noi consorelle che c’era una pallottola con scritto il suo nome. Lei è morta dicendo perdono per i suoi assassini, mentre i suoi ragazzi le facevano le trasfusioni per tentare di salvarla.

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momento della veglia

Quando sei in un posto dove sparano la paura viene, la paura che una bomba possa mandare tutto all’aria c’è, ma c’è anche una voce interiore che ti dice: “rimani”. Io ho fatto 26 anni di guerra, sono ancora qui. Nel trasmettere i valori non bisogna dire tante cose, basta dire che essere cristiani vuol dire essere fedeli a Cristo fino alla fine. In Mozambico non sparano più ai missionari, ma stanno falciando giudici, professori di università che stanno dicendo che la pace è implicita nella costituzione, così come le richieste dell’opposizione politica. Li fanno tacere ma i frutti ci sono, la chiesa dopo tanti anni di repressione, si è diffusa. Nel quotidiano, ciascuno di noi può essere nel suo piccolo un martire rimanendo in situazioni dolorose, vivendo come persone che non solo parlano di libertà e giustizia, ma lo dimostrano nel loro quotidiano.

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 momenti significativi della veglia

E’ seguita la testimonianza di don Antonio Colombo, di Dolzago (Lecco) e missionario in Perù a Huacho (e già parroco a Seveso Altopiano, Milano Greco, Cologno Monzese e coadiutore a Cerro Maggiore) Da tanto tempo non bevo più limoncello – ha esordito il don – perché l’ultima volta chi me l’ha preparato dopo poco è stato ucciso. Saverio  Torboli,  frate cappuccino di Trento, missionario a Milange in Mozambico. Era stato sbattuto fuori dalla missione, è rimasto lo stesso, amava la vita, il buon vino e per Gesù, era diventato contrabbandiere: andava in Malawi, comprava le Bibbie e tornava indietro, un giorno l’hanno fermato e ucciso, ma ha vinto Dio. Io sono da 10 anni in Perù, dopo 12 anni in Africa in Zambia e anche in Perù ho conosciuto dei martiri, uccisi dal gruppo politico Sendero Luminoso.

Vescovo Greselin del Mozambico e sullo sfondo Don Antonio Colombo
Vescovo Greselin del Mozambico e sullo sfondo Don Antonio Colombo

Tra loro Padre Daniele Badiali, del gruppo Mato Grosso, un uomo allegro, gli piaceva cantare, c’era la guerra, non è scappato, lo hanno fermato, volevano rapire una volontaria. Lui ha detto “Vado io al suo posto”. Dopo qualche giorno lo hanno trovato morto. Un altro giovane, Rocca, che era in viaggio per comprare cipolla per i poveri delle Ande e hanno sparato anche a lui. Di suo resta la lista della spesa sporca di sangue, con scritto in fondo la frase “Tutto per Gesù”. L’anno scorso il Papa ha ricordato il sacrificio di don Alessandro Dordi, partito con altri due Frati Francescani Polacchi. Il suo vescovo gli aveva detto: “So con certezza che voi siete nel mirino, siete bianchi, non vi vogliono, prendete le vacanze, andate nella città  di Lima per un po’. Lui, bergamasco, ha detto “Devo fare i battesimi, poi vado in città”. Li hanno uccisi. Paura i missionari ce l’hanno. Che Signore ci aiuti.

Anche Monsignor Elio Greselin  ha voluto portare la sua testimonianza. “Sono vescovo in Mozambico. Vi tornai nel 1990, dopo aver passato 15 anni a Bologna a curare la formazione dei giovani teologi. Trovai un paese in cui stava finendo la rivoluzione marxista che aveva decimato la popolazione e spinto oltre la metà degli abitanti a abbandonare la loro nazione, divenendo profughi. La gente viveva vestita di corteccia d’albero, isolata dal mondo, avevano perso tutto, ma nonostante la guerra e nonostante l’assenza dei sacerdoti erano rimasti fedeli a Gesù: abbiamo trovato una chiesa forte, questi cristiani hanno dato veramente prova di essere capaci di sostenere la loro fede e sono testimone di centinaia di catechisti che hanno difeso la propria comunità con il dono della propria vita.

Dopo questa testimonianza è stato letto l’elenco dei ventotto sacerdoti, suore, catechisti o volontari cristiani che nel 2016 hanno perso la vita. Alla lettura di ogni nome seguiva un rintocco sinistro, come il botto di una pallottola. I loro nomi sono stati appesi dai fedeli a un albero a forma di cuore sistemato di fronte all’altare.

Monsignor Gianpaolo Citterio, vicario episcopale, al termine delle testimonianze, ha esortato tutti i presenti alla celebrazione “a chiedere a Gesù che ci ha donato la fede come posso donare la mia vita, come posso dedicare questa vita a fare testimonianza. Lo Spirito ci suggerirà cosa dire”.

Monsignor Citterio, vicario e episcopale e don Matteo di Sedriano
Monsignor Citterio, vicario episcopale e don Matteo di Sedriano